Nel luglio del 1880, un giovanissimo Otto Gradenwitz, dottorando presso l’Università di Berlino Friedrich-Wilhelm (l’attuale Humboldt), discute la sua Dissertation sul tema della Voraussetzung, la presupposizione.
Nella temperie di un acceso dibattito dottrinale, nel quale domina il prestigioso nome di Bernhard Windscheid, Gradenwitz scrive un lavoro di critica in cui contesta l’inquadramento dell’istituto tra le “autolimitazioni della volontà” di savignyana memoria e la sua natura di “unentwickelte Bedingung”, ossia di condizione non pienamente sviluppata.
Dopo aver contestato il fatto che una volontà possa limitarsi in un secondo momento da sola, Gradenwitz passa in rassegna le possibili tipologie di presupposizione, a seconda che ci si trovi a cospetto di negozi inter vivos o mortis causa, sempre in un serrato dialogo con Windscheid.
Benché non privo di errori, di ingenuità giovanili ed esposto in uno stile ermetico e, a volte, ruvido, il testo appare ricco di spunti.
Se da una parte, infatti, questa traduzione critica consente di scorgere i germi del metodo di indagine interpolazionistico, dall’altra permette di riportare in vita un lavoro, altrimenti destinato all’oblio, che presenta in una luce inconsueta la figura della presupposizione.