Il volume affronta la materia del lavoro nel contesto delle misure di prevenzione antimafia. L’autore si muove alla ricerca degli innumerevoli punti di contatto e di conflitto tra tali ambiti, al fine di segnalare la diffusa assenza di un adeguato contemperamento tra i diritti della persona che lavora e il principio di ordine pubblico. L’analisi viene dapprima condotta dall’angolo visuale del datore di lavoro. L’amministratore giudiziario, che ne esercita i poteri, opera in una cornice ancipite, in cui la libertà di iniziativa economica privata è ibridata da finalità pubblicistiche, ascrivibili all’ordine e alla sicurezza pubblica. La disciplina applicabile, contenuta nel Codice antimafia, presenta molteplici oscurità e la sua impostazione autoritaria offre, con riguardo alle intersezioni con il diritto del lavoro, soluzioni deludenti. L’indagine inverte poi prospettiva: il lavoro è valorizzato come lo snodo fondamentale per condurre l’impresa sottratta al giogo criminale verso una nuova utilità sociale. L’ultima parte della ricerca è infine dedicata alla dimensione collettiva e al ruolo del sindacato, chiamato a sostenere l’impresa nel percorso di legalità.